Uno sguardo più di dettaglio mostra che gli imprenditori che operano in Italia sono oltre 4 milioni e 800mila. Di questi circa un milione 460 mila sono donne (30,1%). Rispetto al 2015 si osserva una leggera crescita della presenza femminile di circa 65 mila unità (+0,9 punti percentuali). Le imprenditrici hanno un’età media più bassa (49 anni) dei loro colleghi maschi (52 anni), grazie a una più cospicua componente under 35. Va, però, detto che la maggiore presenza di giovani tra le imprenditrici contribuisce ad attenuare, ma non a cancellare, il forte squilibrio di genere. Nella classe over 50 anni, le donne rappresentano infatti solo il 26,5% del complesso degli imprenditori. Lo squilibrio si riduce leggermente nella classe di età centrale (33%) e in modo più consistente tra i più giovani, dove la quota femminile supera, appunto, il 37%.
Sotto il profilo della distribuzione territoriale della sede d’impresa, le differenze sono minime. La presenza femminile varia dal 28,6% tra gli imprenditori che guidano imprese del Mezzogiorno al 31,6% nelle regioni del Centro. È, però, interessante osservare che la provincia con una proporzione di imprese femminili sul totale più alta è Cagliari, con il 40,5%, mentre Milano è il fanalino di coda con il 17,9%.
In Italia, le imprenditrici si concentrano principalmente nei settori tradizionali come il commercio, il turismo, l'agricoltura e i servizi alla persona. Tuttavia, negli ultimi anni si è osservato un incremento delle imprese femminili in ambiti tecnologici e innovativi, segno di una progressiva diversificazione. Le difficoltà principali riguardano l'accesso al credito, la conciliazione tra vita privata e professionale e la carenza di modelli di ruolo e mentorship specifiche.
Circa il 56% delle donne imprenditrici attive nel nostro Paese è impiegato nel settore dei servizi alla persona (quali centri estetici, parrucchiere, centri benessere, lavanderie, ecc.) e nei servizi alle imprese (in qualità di titolari o socie di agenzie di viaggio, agenzie immobiliari, imprese di pulizie, noleggio di veicoli, agenzie pubblicitarie, fotografe, video maker, studi di commercialisti e consulenti del lavoro). Inoltre, poco meno del 20% opera nel commercio, mentre poco oltre il 10% è attivo nelle strutture ricettive e nella ristorazione e circa un ulteriore 6% nell'industria, con la medesima percentuale anche nell'agricoltura.
Le politiche pubbliche hanno cercato di rispondere alle esigenze delle imprenditrici attraverso incentivi fiscali, fondi dedicati e programmi di formazione. Iniziative come il Fondo Impresa Donna e i bandi europei mirati hanno contribuito a sostenere la nascita di nuove realtà imprenditoriali femminili.
Il confronto tra l'Italia con altri Paesi avanzati (si veda il box “L’imprenditoria femminile in Italia e nel resto del mondo) evidenzia, peraltro, differenze significative, anche qualitative. Negli Stati Uniti, ad esempio, le imprese femminili rappresentano circa il 40% del totale, con una forte presenza nei settori ad alta tecnologia e nei servizi professionali. L'accesso a capitali di rischio e a reti di supporto è più sviluppato, grazie anche a un ecosistema imprenditoriale dinamico e inclusivo.
In Paesi europei come la Svezia e la Germania, l'imprenditoria femminile beneficia di politiche di welfare più solide, che favoriscono un migliore equilibrio tra vita professionale e privata. La presenza di servizi di supporto all'infanzia e di una cultura più inclusiva contribuisce a una maggiore partecipazione femminile nel tessuto imprenditoriale.