Personaggi onirici per il concreto mondo aziendale. È la proposta di Isabella Mandelli, un’artista-coach che aiuta i manager a vivere meglio la propria vita personale e professionale.

Basterebbe il nome dei suoi personaggi – i Barabubbles – a richiamare l’attenzione. Che diventa accesa curiosità quando si viene informati che all’origine ci sono gli archetipi psicologici di Carl Jung. Se poi si aggiungono altri elementi come la definizione di “artista eco-sociale” e di Life-Skills Trainer, allora la necessità di saperne di più diventa cogente.

Stiamo parlando di Isabella Mandelli che, prima di proporsi al mondo nei modi variegati e intriganti ora descritti, partecipava a un altro mondo, quello del business, come alto manager di multinazionale. Fino al momento del grande salto di vita di cui parliamo in questa intervista.


Isabella Mandelli, I colori dell’anima, 2024
Isabella Mandelli, la sua non è solo arte ma anche filosofia di vita, dove l’errore diventa occasione di auto-riflessione e opportunità per apprendere e conquistare nuovi obiettivi. Non banale. Sulla base di quali esperienze, desideri ed errori ci è arrivata?
L’arte mi ha coinvolto fin da bambina, poi, da adulta, mi sono messa in testa che volevo fare carriera aziendale. Il punto è che, diventata amministratore delegato di una multinazionale, mi è toccato un fallimento dal punto di vista della leadership. Il motivo è che, pur essendo sempre stata forte dal punto di vista dei risultati, ero concentrata solo su me stessa e sulla mia carriera. La sorpresa è arrivata con un sondaggio aziendale nel quale, tra le tante domande, due chiedevano: “Il capo si prende cura di te?” e “Le tue opinioni contano?”.  Le risposte mi attribuivano un misero punteggio di 2 su 5. Questo fallimento mi ha fermato, anche fisicamente; sono rimasta a casa in preda all’ansia perché mi sono improvvisamente resa conto che in effetti stavo facendo carriera, ma le persone non si sentivano né viste né considerate. Da quel momento ho iniziato a prendermi cura di me, con l’obiettivo di cambiare anche il mio approccio con gli altri. Quel fallimento personale è stato, dunque, anche una grande opportunità perché è da lì che è nata la mia filosofia dell’”errore che non esiste”. Ho pensato a lungo a come si sono sentite le persone con un capo come me, molto duro, molto diretto. Ma da lì mi è cambiata la prospettiva di vita, l’ho abbinata all’arte ed è diventata un tutt’uno.
L’ideogramma cinese di crisi richiama allo stesso tempo il concetto di opportunità. È questo anche la sua filosofia di superamento dell’errore e del fallimento?
Sì, sono convinta che da un errore o si impara o ci si rinnova. Talvolta ci gioca anche la serendipity, cose che si scoprono un po’ per caso. Per esempio, la Coca-Cola nasce per errore: doveva essere uno sciroppo per il mal di testa, poi hanno aggiunto dell’acqua gasata ed è diventata un successo come bibita. Nella mia ricerca come artista lo cerco sempre perché solo attraverso un errore nasce un’opera unica. Se applico solo la tecnica arrivo a un risultato che più o meno chiunque può ottenere se si esercita abbastanza; ma è cercando l’imprevisto e l’inaspettato che si arriva a generare l’arte. Senza avere paura di sbagliare, senza temere il fallimento. Per questo per me è importante parlare anche di psychological safety: oggi per fortuna è molto sentito il tema di vivere e operare in un ambiente in cui si possono prendere rischi anche personali senza venir giudicati o subire ripercussioni. Nell’arte questo avviene sempre, è una continua sperimentazione, ed è proprio l’inatteso che, assieme all’errore, ti può portare a un nuovo livello.
Ci parli dei Barabubbles, di cosa rappresentano e di qual è il legame occulto tra la loro forma e colore e il messaggio che trasportano.
I Barabubbles nascono nel 2017 quando ho avuto quel fallimento. Sono rimasta a casa dal lavoro con dei disturbi di tipo psico-fisico. Ho riflettuto e ho rallentato, badando soprattutto al “qui e ora”. A un certo punto, ho preso il pennello e la matita, ho ricominciato a fare disegni. I Barabubbles sono 4 personaggi principali che vivono in bolle di sapone, in un mondo ovattato: ognuno di questi ha uno stile comportamentale che richiama gli archetipi junghiani. Da qui inizia la mia rinascita. Dovevo inizialmente prendere consapevolezza di chi ero io e poi capire gli altri. I Barabubbles popolano tutte le mie opere e hanno valori molto importanti, di accettazione, inclusione e cura. Da questi personaggi nasce la leadership premurosa tramite la quale cerco di portare in giro l’arte e aiutare le aziende a evolversi in quel senso.
L’arte come strumento di coaching nel mondo iper-razionalista delle imprese. Come viene accolta? Che risultati ottiene?
Il risultato è inaspettato: io venivo da un ambiente aziendale molto strutturato, chi sta al vertice ha sempre accolto in modo un po’ scettico le cose strane. Ma oggi io porto nelle aziende i Barabubbles per fare teambuilding e porto le persone a fare un viaggio introspettivo. Si sta insieme, si dipinge e si fa un 360° con il team, accettando le diversità e prendendosi cura l’uno dell’altro. In un team si torna a essere un po’ bambini, ciascuno disegna il proprio personaggio ed entra in un flusso fatto di riconoscimento e accettazione. Parto spesso da livelli apicali, ossia amministratori delegati, direttori generali o commerciali, perché se persone come loro accettano di investire su sé stesse possono poi applicarlo su tutti gli altri membri del team in azienda. Non bisogna dimenticare, poi, che la creatività oggi rappresenta una priorità riconosciuta. Ad esempio, per il World Economic Forum è diventata la prima competenza che occorre imparare a padroneggiare.
Approfondiamo la questione tecnico-artistica. Perché l’acquarello e, per esempio, non l’olio, l’acrilico o tecniche materiche che, per molti, hanno spessore ed efficacia comunicativa-emotiva più accentuati?
Nella mia carriera artistica ho provato di tutto, olio, acrilico, tecniche materiche. All’acquerello sono arrivata nel 2017, grazie al mio maestro artistico Pietro Spica, oggi scomparso, che mi ha fatto comprendere che era la mia tecnica. L’acquerello è definita la tecnica del coraggio, perché il tratto è indelebile, immodificabile appena si asciuga. Sposa il mio concetto dell’errore che non esiste, non si fanno prove, si va direttamente sul foglio e si dipinge. Per dipingere, uso carte ecosostenibili perché mi sforzo di essere un’artista ecosociale. Il mix tra acqua e pigmento, la leggerezza tra giusta quantità d’acqua e giusto pigmento, mi dà un senso completo di libertà, accettazione, apertura mentale. Mi piace portare l’acquerello nei team e mi piace che tutti possano accedervi: la considero una tecnica molto inclusiva, in uno stato di libertà assoluta.
I Barabubbles esauriscono l’esigenza di comunicare la sua arte o si tratta del big bang di un universo in espansione?
I Barabubbles sono una popolazione: ci sono i 4 personaggi principali, Barabà, Oco, Finolou e Boda, personaggi onirici e antropomorfi che trasmettono un messaggio d’amore, gentilezza e armonia. Ma già adesso ne esistono altri. Quando so che esistono gli altri personaggi? Ognuno di essi ha all’interno un’anima, definita da un uccellino che si vede al loro interno. Ci sono personaggi come un polipo, un cavalluccio marino, una ragazza: quando ne nasce un’anima entrano a far parte della popolazione. Il mio obiettivo principale è farli uscire dalla tela, facendo in modo che possano vivere a fianco delle persone. Possono assumere la sembianza di una maglietta, di un vestito: è un’arte che trasmette serenità, gioia, pace, inclusione, accoglienza. È bello circondarsi, in una vita difficile, di personaggi che ci accettano.
La definizione di Life Skills Trainer appare piuttosto impegnativa. Evoca grandi cambiamenti che un manager può realizzare colorando il grigio mondo della professione. Ma a cosa punta realmente la sua proposta formativa?
L’obiettivo più importante è un cambiamento di mindset, soprattutto a livello aziendale: chi ha delle responsabilità deve riuscire a sviluppare ed esercitare la parte più umana nella pratica della professione. Spesso ci si trova davanti a un capo rigido, duro, che insegue in modo ossessivo l’obiettivo che deve raggiungere; deve però essere capace di accogliere la parte più umana e sviluppare una leadership premurosa. Un capo non deve essere necessariamente autoritario, perché in realtà può diventare più efficiente e raggiungere risultati ancora più ampi con una leadership premurosa. Fa parte della mia esperienza ed è quello che mi è successo. Ma un manager non deve per forza sperimentare quel dolore, può invece arrivarci con degli esercizi che facciamo insieme. Tra le metodologie che utilizzo c’è n’è una chiamata Success Insight, di cui io possiedo una certificazione, che si basa sugli archetipi junghiani. E questa è ormai la mia missione di vita.
E lei è più felice e soddisfatta ora o ha almeno un po’ di nostalgia per il mondo concreto del business?
Non è una domanda scontata: lasciare l’azienda è stato difficile, ero molto affezionata alla mia società, una multinazionale americana di cui ero il CEO. Ad oggi non ho pentimenti, perché ho avuto una “chiamata”, una spinta interiore che mi ha portato a fare quello che più amo nella vita. Faccio tante cose, tra poco porterò i Barabubbles in Giappone, e ho una vita piena. Certo, quando mi chiedono come si fa, ovviamente non posso dire “buttatevi”. Occorre tenere ben presenti i dati di realtà se si vuole vivere al meglio l’esperienza, o si rischia di deragliare e pentirsi. Ci vuole concretezza: quando il piano esiste ed è reale si riesce a praticare la propria passione e farne un motivo di vita. Io credo di esserci riuscita e oggi posso fare l’artista riuscendo, nel contempo, a mantenere un fil rouge all’interno delle aziende.

Alla base della filosofia attiva di Isabella Mandelli ci sono gli archetipi psicologici di Carl Jung. Poi si aggiungono altri elementi che la definiscono come “artista eco-sociale” e Life-Skills Trainer.

L’obiettivo più importante è un cambiamento di mindset, soprattutto a livello aziendale: chi ha delle responsabilità deve riuscire a esercitare la parte più umana nella pratica della professione.