Nonostante i segnali di una apertura verso il mondo femminile, anche nel 2024 le opere più care sul mercato si devono tutte a uomini, nomi noti dell’arte moderna e contemporanea particolarmente apprezzati dal collezionismo internazionale. Senza grandi sorprese la piazza di scambio prediletta rimane New York, che batte ancora Londra 4 a 1. E se Christie’s e Sotheby’s continuano a detenere lo scettro di regine incontrastate del mondo degli incanti, è bene che comincino a fare attenzione alla rivale Phillips, scelta sempre più da venditori e compratori come alternativa sicura per ottenere risultati altrettanto grandi. Il gusto si conferma saldo per opere di alta qualità e ricercatezza, appartenenti ai segmenti di Impressionismo, Post-impressionismo e primo-secondo Novecento. Nessun dipinto antico o NFT popola la classifica definitiva dei pesi massimi. In definitiva, a regnare è la pittura che – ça va sans dire – non passa mai di moda.
Medaglia d’oro per “L’Empire des Lumières” (1954) di René Magritte, unico lotto a infrangere il tetto stellato dei 100 milioni di dollari contro i due (lotti) del 2023 e i sei del 2022. Presentato da Christie’s New York tra le maxi-aste d’autunno, è stato definito da Guillame Cerutti, CEO della major inglese, “uno dei capolavori più significativi mai proposti dalla casa d’aste”. Le offerte sono partite da 75 milioni e – dopo un serrato duello telefonico tra due compratori – l’opera è stata aggiudicata a 121,2 milioni di dollari, superando brillantemente le performance di qualsiasi altro lavoro sul medesimo soggetto precedentemente passate all’incanto. Il dipinto, proveniente dalla collezione dell’interior designer americana Mica Ertegun, è una delle 17 versioni de ”L’Impero delle luci” realizzate tra 1949 e 1964, ognuna unica per dimensioni e composizione. Commissionato dal collezionista belga Willy van Hove, l’esemplare venduto da Christie’s rappresenta una delle interpretazioni più sofisticate di questo celebre motivo, particolarmente apprezzato per la sua scala monumentale (146x114 cm) e per l’atmosfera evocativa. Ma i record non finiscono qui. La vendita segna anche la cifra più alta mai pagata per un’opera surrealista.
Nel corso della stessa asta novembrina, Christie’s conquista anche il secondo posto della classifica, battendo “Standard Station, Ten-Cent Western Being Torn in Half” (1964) di Ed Ruscha a 68,3 milioni di dollari. Appartenuto al magnate texano Sid Bass, questo straordinario olio su tela è stato esposto nell’importante retrospettiva “Now/Then” presso il MoMA di New York e il Los Angeles County Museum of Art, acquisendo prestigio e valore. “È un’icona: dell’arte di Ruscha, del paradosso, dell’era del dopoguerra” ha affermato a riguardo Max Carter, Christie’s Vice Chairman of 20th and 21st Century Art, descrivendone la stazione di benzina rosso fiammante stagliata nel bel mezzo del nulla e ripetuta in serie dall’artista. L’impatto di queste incredibili vendite, che da sole hanno rappresentato la metà dell’incasso totale della serata (189,5 milioni) è tangibile e dimostra quanto, nonostante le difficoltà economiche dovute al complesso contesto geo-politico in cui le case d’asta si trovano a operare, l’arte non abbia perso il suo appeal e – anzi – sia sempre in grado di affascinare e conquistare i più grandi collezionisti.
Sotheby’s si è dovuta accontentare, invece, della terza posizione, conquistata con le intramontabili “Nymphéas” (1914-1917) di Claude Monet, provenienti dalla collezione di Sydell Miller, pioniera dell’industria della cosmesi e scomparsa pochi mesi prima della vendita, all’età di 86 anni. L’iconico soggetto dell’impressionista più pagato di sempre è anch’esso passato all’asta a New York, raggiungendo la cifra di 65,5 milioni di dollari, dopo quasi 17 minuti di rilanci tra telefoni e sala. Un timido risultato se si pensa che il record siglato dalla rinomata serie con la tela “Nymphéas en fleur” (1914-1917), appartenuta al banchiere David Rockfeller e alla moglie Margaret “Peggy” Dulany, è di 84,6 milioni di dollari (Christie’s New York, 2018).
Phillips si ferma a un passo dal podio con una tela del 1982 di Jean-Michel Basquiat, esitata a New York per 46,5 milioni di dollari, poco sopra la stima minima (40 milioni). “Untitled (ELMAR)”, realizzata nell’anno di svolta per la carriera dell’artista afroamericano, ha alle spalle una cospicua storia espositiva che ne riconosce l’importanza, tra cui una grande mostra alla Fondation Louis Vuitton di Parigi tra 2018 e 2019. Esplorando la mitologia e la lotta umana, la tela rappresenta il racconto di Icaro che precipita dal cielo, mentre sulla sinistra un arciere scocca due frecce nella sua direzione. Acquistata nel 1984 dall’antropologo italiano Francesco Pellizzi – intimo amico dell’artista – presso la prima gallerista di Basquiat, Annina Nosei, è rimasta nella medesima raccolta per quattro decenni. Anche in questo caso, una vendita buona ma lontanissima dalla quota più alta mai pagata per il Picasso nero: 110,5 milioni di dollari, per un “Senza titolo” dello stesso “annus mirabilis”, quando avvenne il suo passaggio dalla strada al sistema dell’arte istituzionalizzato (Sotheby’s New York, 2017).
A chiusura della classifica, ritroviamo René Magritte che fa il bis proprio nel centenario del Manifesto del Surrealismo di André Breton. “L’ami intime” (1958) ha guidato a marzo la 24esima “The Art of the Surreal Evening Sale” di Sotheby’s Londra, realizzando 42,1 milioni di dollari (33,7 milioni di sterline). Il dipinto, che non compariva all’asta dal 1980, rappresenta uno dei pochi ritratti del celebre uomo con la bombetta ancora in mani private. L’enigmatico “uomo qualunque”, ritratto con una baguette e un calice di vino fluttuanti alle spalle, apparteneva alla celebre raccolta dei filantropi Gilbert e Lena Kaplan e la sua ultima esposizione, presso i Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique, risaliva ormai a più di 25 anni prima.
A questo punto è interessante chiedersi chi siano i collezionisti che muovono le sorti del mercato dell’arte e come si comportano? A rispondere a questa domanda ci prova il più recente “The Art Basel and UBS Survey of Global Collecting 2024 by Art Economics”, a cura di Clare McAndrews. Il report presenta i risultati di una ricerca condotta nel primo semestre 2024 su un ampio campione di oltre 3.600 HNWIs (High-Net-Worth Individuals, persone che possiedono asset finanziari superiori a 1 milione di dollari) provenienti da 14 Paesi, con l’obiettivo di comprendere meglio i comportamenti dei collezionisti più ricchi al mondo. Quanto spendono, cosa e dove acquistano, quali gli eventi a cui partecipano, come interagiscono con gli attori del sistema dell’arte e, infine quali le strategie sul trasferimento generazionale dei patrimoni.
Dunque, quanto spendono i collezionisti? Cosa collezionano e, soprattutto, a chi si rivolgono per i loro acquisti? Se la spesa media in arte e antichità è calata del -32% nel 2023, fermandosi a quasi 364.000 dollari, i livelli mediani sono rimasti stabili, intorno ai 50.000 per tale periodo e ai 25.555 nella prima metà del 2024. Dal punto di vista delle scelte d’acquisto, gli HNWIs hanno destinato il 52% dei loro investimenti a favore di artisti nuovi ed emergenti, il 21% ai mid-career e il 26% a nomi già affermati, la maggior parte ancora vivente. Anche questa indagine ci conferma poi che le opere collezionate sono per la maggior parte di mano maschile, con una percentuale del 56% di lavori di uomini vs il 44% di donne in tutti i mercati considerati. Inoltre, per quanto riguarda le tipologie di collectibles, il 59% delle collezioni è composto da medium tradizionali come dipinti, sculture e lavori su carta, mentre stampe, multipli e fotografie pesano per il 24% (+8% rispetto al 2023). Infine, le opere digitali – che nel 2022 avevano raggiunto un picco del 15% – oggi si fermano al 3%.
È la Gen X (nati tra 1965 e 1979) a registrare la più alta percentuale media di spesa in arte e antichità, sorpassata dai Millenial (nati tra 1980 e 1996) solo quando si guarda al mondo dei preziosi, degli orologi e dei veicoli storici. I Boomer (nati tra 1946 e 1964), invece, prediligono l’acquisto di borse di lusso e sneakers, così come vini, whisky e distillati. A prescindere dall’area geografica, dall’età o da altre caratteristiche demografiche, la quasi totalità degli intervistati preferisce comunque il canale del dealer (88%), ossia l’acquisto in galleria, sulla piattaforma online o social media, o ancora in fiera. È importante, infatti, evidenziare quanto per i galleristi sia oggi imprescindibile adottare un approccio multicanale. Oltre a comprare di persona in negozio, il 72% lo fa via website od online viewing rooms (OVRs) senza il bisogno di vedere dal vivo il bene oggetto dello scambio, il 61% utilizza l’e-mail o il telefono e il 43% lo fa tramite il profilo Instagram del mercante. Per quanto riguarda gli altri canali di vendita, nella prima metà del 2024 il 67% ha finalizzato l’acquisto all’asta, mentre la medaglia di bronzo va alle fiere d’arte (41%, in aumento rispetto al 39% del 2023). Percentuali più basse si rilevano negli altri canali: poco più di un quarto degli HNWIs si è rivolto direttamente agli artisti (32%), ha comperato online tramite piattaforme NFT (24%) o di terze parti (21%), mentre le vendite tra privati sono una via scelta dal 14%. L’11% si è, infine, affidato a un art advisor.
Da ultimo, è indicativo che molti collezionisti destinino una significativa o moderata quantità di tempo nel documentarsi prima dell’acquisto (74%), con una percentuale che sale fino al 90% tra coloro che sono guidati da motivi finanziari. Poco più di un quarto degli intervistati (26%, in crescita esponenziale rispetto al 2023 quando si registrava il 6%) si affida, invece, a consigli esterni quando decide cosa acquistare piuttosto che fare ricerche in autonomia (di questi il 22% si rivolge a una galleria, a un art dealer o un altro tipo di venditore e il 4% a un art advisor), mentre marginale (1%) è la quantità di collezionisti che ad alti livelli di spesa acquista su impulso o fa poca ricerca.
In conclusione, tra tutte le generazioni si sta pian piano facendo strada la consapevolezza di quanto sia cruciale per costruire e, successivamente, tramandare le proprie collezioni in maniera informata, ordinata e consapevole, avere a disposizione un servizio di art advisory professionale, strategico e cucito su misura sulle esigenze del cliente, come quello che da anni Allianz Bank propone alla propria rete di consulenti finanziari attraverso la collaborazione con il team di art advisors dello studio legale Pavesio e Associati with Negri-Clementi. Dalla valutazione alla vendita, dal lascito testamentario alla donazione fino alla creazione di trust, fondazioni o altre forme giuridiche volte alla valorizzazione e alla pubblica fruizione, è compito del consulente d’arte guidare il collezionista e prospettargli le varie opzioni che si profilano davanti a sé.