Si legge spesso di acronimi come BANG (bits, atoms, neurons, and genes), NBIC (neuro, bio, info, cogno) nel contesto dei cosiddetti trend legati alle tecnologie convergenti. Vari forum, un certo numero di TED, qualche divulgatore, alcuni think tank teorizzano una convergenza di queste quattro tecnologie verso un unicum che nel prossimo futuro rappresenterà tutta la nostra “ingegneria”. Gli esempi di tecnologie convergenti sono, per esempio, la biologia sintetica (che permette di far eseguire alle cellule delle operazioni diverse da quelle per le quali si sono evolute, incluso il calcolo digitale), le tecnologie neuromorfe che imitano in silicio il funzionamento dei neuroni del nostro cervello, l’utilizzo del DNA come meccanismo di conservazione dell’informazione, lo sviluppo di nanobot per una cura super selettiva di importanti patologie, ecc. L’idea è, tutto sommato, semplice: la capacità di manipolare l’informazione, di “mettere in fila” gli atomi uno per uno, di capire cosa fanno i nostri neuroni e la comprensione a livello molecolare della biologia consentiranno un progresso rapidissimo delle nostre capacità di realizzare dispositivi digitali e quantistici, curarci e migliorarci, di prenderci cura del nostro pianeta e, in maniera rivoluzionaria, migliorare la qualità della vita. Vorrei dare in queste pagine un’interpretazione delle stesse tecnologie e della loro convergenza nel contesto del recente sviluppo rapidissimo degli algoritmi di intelligenza artificiale.