L’occupazione giovanile ha assunto, nel nostro Paese, un carattere paradossale. Da un lato c’è una enorme massa di giovani che si posizionano, più o meno volontariamente, fuori dal mercato del lavoro, per molti dei quali non si può probabilmente prevedere in tempi brevi uno sbocco occupazionale stabile e dignitoso. Dall’altro ci sono altri giovani, con ottime possibilità di impiego anche nel nostro Paese, che decidono di emigrare pur di trovare un lavoro più soddisfacente, dove poter imparare più velocemente e poter lavorare con un maggior grado di autonomia. Partiamo da alcuni dati. In Italia il tasso di occupazione, alla fine del 2022, è del 60,5%, la punta massima nell’ultimo mezzo secolo, la disoccupazione al 7,8% e l’inattività al 34,3%.1 Nel corso dell’ultimo anno gli occupati sono saliti di 500.000 unità. Ricordiamo che la disoccupazione indica quante persone cercano attivamente lavoro senza trovarlo, mentre l’inattività riguarda chi non lavora, ma non sta neanche cercando un’occupazione. In Italia la disoccupazione giovanile è pari al 9,5% della popolazione in età da lavoro, contro il 3,6% della Germania, il 7,9% della Francia, il 7,7% dell’Area Euro:2 solo Spagna e Grecia sono messe peggio di noi.