Il confronto tra generazioni è un fenomeno diffuso, ma oggi è possibile cogliere una marcata divisione tra generazioni sotto molteplici aspetti: attivismo politico, cambiamento climatico, social media, tecnologia, privacy e identità di genere. Poiché oggi cinque generazioni (Silent Generation, Baby Boomer, Gen X, Millennial e Gen Z) convivono per la prima volta negli ambienti di lavoro, le tensioni rischiano di crescere. L’ira e la sfiducia che possono causare compromettono la performance delle imprese e fanno diminuire la qualità del lavoro di squadra. Inoltre, la mancanza di consapevolezza e di comprensione dei problemi che si accompagnano alla diversità anagrafica possono portare alla discriminazione nelle selezioni e nelle promozioni, con rischi elevati di contenzioso giudiziario. Sono, però, molte le organizzazioni che non intraprendono azioni concrete per affrontare i problemi generazionali. Anche se sale il numero delle imprese che esercitano i loro sforzi sul piano della diversità, solo l’8% delle organizzazioni include l’età nella propria strategia DEI (Diversity, Equity, Inclusion). E tra quelle che lo fanno, la strategia si è limitata spesso a invitare i membri di generazioni diverse a concentrarsi sulle loro affinità o a negare del tutto la realtà delle loro differenze. È un’occasione persa. I team intergenerazionali sono preziosi perché mettono assieme persone che hanno abilità, competenze, informazioni e network complementari. Se gestiti efficacemente, possono assicurare un processo decisionale più efficace, una collaborazione più produttiva e una performance complessivamente migliore. Ma solo se i componenti sono disposti a collaborare seriamente e a imparare dalle loro differenze. Immaginate un team multigenerazionale di sviluppatori di prodotti, che fonde la lunga esperienza e il vasto network di clienti dei suoi membri più anziani con i punti di vista innovativi e tecnicamente ultra-aggiornati dei più giovani.