Dagli anni ’90 a oggi la rivoluzione digitale ha stravolto le fondamenta stesse del business della musica: distribuzione e vendita di supporti fonografici sono state sostituite da servizi streaming; parallelamente, i musicisti hanno abbracciato i social per interagire direttamente coi fan. Questi cambiamenti sono evidenti a chiunque consumi musica nel 2021. Esiste però un lato meno scontato di questa trasformazione: la digitalizzazione di produzione e composizione musicali. Gli studi di registrazione con attrezzature milionarie sono stati rimpiazzati da programmi per laptop, tablet e smartphone, mettendo in mano a milioni di persone mezzi un tempo inaccessibili; in ambito professionale, persino le orchestre devono competere con software che permettono al compositore-programmatore di creare credibilmente intere sinfonie.

L’AUTOMAZIONE DELLA CREATIVITÀ
Questo aspetto della digitalizzazione della musica ha profondamente cambiato la struttura interna dell’industria, rendendo molte competenze obsolete e facendo emergere nuove forme di talenti. Oggi, con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale (IA), dobbiamo prepararci alla prossima tappa della nostra evoluzione. In un contesto in cui la produzione artistica è già di fatto informatizzata, il machine learning è efficace anche in ambiti finora legati a capacità esclusivamente umane: è l’inizio di un fenomeno che potremmo chiamare l’automazione della creatività. Oltre alle applicazioni musicali dimostrative di potenti IA generaliste come IBM Watson, stiamo già assistendo all’utilizzo commerciale di IA specializzate in grado di fare cose molto sofisticate – comporre, finalizzare un mix, inventarsi una base – più velocemente e a costo infimo rispetto a una controparte umana, con risultati sorprendenti.